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giovedì 16 maggio 2013

In vacanza col trattorino


In più di un’occasione vi ho parlato della mia passione sfrenata per i viaggi, dell’attenzione che dedico allo studio “matto e disperato” delle irrinunciabili guide Lonely Planet, della curiosità che mi porta alla scoperta del “way of life” autoctono ecc…

Beh, in questa occasione non mi sono limitata a fare un viaggio, bensì mi sono data all’avventura andando in vacanza col trattorino!

Il trattorino che ve lo dico a fare è quella furia scatenata di nostra figlia Penelope che, con i suoi 15 mesi, 15 denti e innumerevoli movimenti, mette alla dura prova le nostre coronarie, i nostri bicipiti, i nostri santi in paradiso…

Quello appena concluso, week end lungo a Berlino, rispondeva al nome di “regalo di Natale per la mamma Viola, confezionato dal babbo Loris”. Nella descrizione del presente non comparivano le parole relax, tranquillità, riposo, visite ai musei, vita notturna nè tantomeno hanno fatto cenno di comparire.


Si è trattato di quattro giorni intensi che mi hanno fatto ristrutturare l’idea di viaggio.

Ed ho scoperto che, con una mocciosetta al seguito, non si può:

-          visitare con calma i musei. L’unica visita l’abbiamo dedicata alla cupola del Reichstag. La povera audio guida che avevamo in dotazione continuava a ripetere “e ora vi preghiamo di fermarvi per ammirare…” quando invece dovevo correre col passeggino per placare l’ira funesta della ragazza;

-          fermarsi per un aperitivo. Dopo aver scovato un localino fantastico nei pressi della East Side Gallery dove concederci un brunch domenicale ci siamo trovati a mangiare rigorosamente uno alla volta. Non per qualche strana regola del galateo germanico, ma perché l’altro doveva recuperare Penelope intenta a  compromettere l’equilibrio dei malcapitati camerieri;

-          non puoi fare vita notturna. I famosi club berlinesi sono rimasti nella sezione “divertimenti” della Lonely Planet. Dopo una giornata di fuggi fuggi al primo sbadiglio della pargola non potevamo dire “no” al suo sonno e quindi alla nostra tranquillità;

-          con una bambina piccola, tantomeno in vacanza, puoi fare troppi programmi. Quindi al bando le mie rinomate tabelle di marcia militaresche, con luoghi da vedere, itinerari e locali nei paraggi. Con la bimba è stata premiata l’improvvisazione che, comunque, è sempre una gran dote!


Tra i lati positivi abbiamo invece riscontrato:

-          grazie ai bebè all’aeroporto hai una corsia preferenziale al check-in;

-          fai amicizia con un sacco di genitori di tutte le nazionalità (non è detto che ci si capisca sempre, io non so neanche come si dice pannolino in inglese…);

-          mentre io facevo un’interminabile fila per l’acquisto di alcuni biglietti (oltre 1 ora), Loris ha anche rimorchiato 3 crucche al parco facendo leva sul fascino del giovane padre single; 

In ogni caso sono molto orgogliosa di come sia andata questa vacanza, la prima all’estero di Pepe. E’ stata un’esperienza interessante, ricca, piena. La prima di una lunga serie che mi auguro farà di lei una grande viaggiatrice.

Ps: finita questa vacanza avrei bisogno di una vacanza, quella vera. Questa volta in solitudine!

Grazie,

Viola 





martedì 7 maggio 2013

Ricetta di un casalingo improvvisato…


Alcuni mesi fa (ultimamente sono piuttosto latitante nella scrittura) ho realizzato un post chiamato “ricette improvvisate”. Un piccolo vademecum per chi, come me, ha di meglio da fare che mangiare e tanto più che cucinare. Una decina di ricette veloci, che richiedono al massimo mezz’ora di impegno e che ti fanno sempre uscire a testa alta dai fornelli e con la pancia piuttosto piena!

Qualche giorno fa, su whatsapp (non potrei più vivere senza… è una droga, lo ammetto!) mi arriva inaspettata una serie di messaggi con relative immagini da parte del mio Amico. Una A maiuscola meritata non tanto per la frequenza delle nostre chiacchiere (ultimamente anche quelle piuttosto latitanti), quanto per la longevità e qualità del nostro rapporto.

Il mio Amico è quello famoso  con il quale ho frequentato asilo, elementari, medie, superiori e università… del quale sono stata innamorata per i primi 10 anni della mia vita perché aveva il caschetto più liscio del Trasimeno… sì, quello che mi ha fatto conoscere le prime pene d’amore perché alle elementari preferiva una biondina in quanto assomigliava a Kelly di Beverly Hills (ma dove???), perché alle medie si è invaghito di una tarchiatella con i baffi ma con una quarta (misura da me mai raggiunta… ahimè mi si è bloccata la crescita prima) e per il quale ho dichiarato il falso dicendo di tifare Juve pur di essere nelle sue grazie, senza ottenere però nessun risultato…

Bando agli struggenti ricordi, che hanno segnato la mia giovane infanzia, voglio riportarvi una sua ricettina più che mai improvvisata, una vera chicca del classico business man radical chic hippy happy figo cool very dandy milanese acquisito quale è.

Casalinghe e casalinghi improvvisati ho il piacere di presentarvi “El Milagro”… il perché del nome non è dato a sapersi, ma lui gli ha voluto dare questo tocco esotico.

Ecco a voi la cronistoria di una ricetta molto complicata ma deliziosa, da lui inventata!





Grazie della perla, non potevamo che essere amici io e te!

Viola  


venerdì 29 marzo 2013

L’amica della sposa


Nonostante il mio sagittario mi descriva come un segno di fuoco (e per alcune cose mi rispecchia: tipo facilità nell’arrabbiarmi, prendere le cose di petto, mettere passione anche nell’allacciatura di una scarpa, essere un fiume in piena…) ho sempre pensato che sia l’acqua il mio segno distintivo, il mio habitat ideale…

Infatti è mentre nuoto, faccio la doccia o semplicemente lavo i piatti (no, non ho la lavastoviglie) che elaboro il maggior numero di pensieri o vengo raggiunta da massime ispirazioni.

E proprio ieri sera, mentre alle 23.40 lavavo le tazze della mattina precedente, mi sono fermata a pensare alla mia super amica e collega di blog Giusy che non aveva di meglio da fare che… sposarsi!

Come quasi tutte le sere, come due vere amanti, ci sentiamo durante il tragitto che dal lavoro mi porta a casa. Almeno un quarto d’ora, tutti i giorni. (qui sotto la foto che ho mi appare quando mi chiama... lei la odia, ed ha ragione!)


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